Corte di Cassazione n. 18477/2023, pubblicata il 28/06/2023
Corte di Cassazione n. 19510/2023, pubblicata il 10/07/2023

Può il lavoratore insinuarsi allo Stato Passivo del fallimento per ottenere le quote del proprio TFR destinate al Fondo di Previdenza Complementare che il datore di lavoro ha trattenuto ma non versato al Fondo?

Sì. Con due recentissime pronunce “gemelle” la Suprema Corte ha autorevolmente riconosciuto il fondamento della tesi da sempre prospettata dal nostro studio legale in tema di contribuzione alla Previdenza Complementare: a fronte dell’insolvenza del datore di lavoro, è stata finalmente dichiarata la piena titolarità in capo al lavoratore delle quote di TFR maturate ma non versate ai FPC e, di conseguenza, la sua legittimazione attiva ad insinuarsi al passivo del fallimento.

Nel caso in parola, a fronte del fallimento della società datrice di lavoro dichiarato dal Tribunale di Vicenza nell’anno 2016, gli ex dipendenti avevano chiesto di essere ammessi al passivo per le quote di TFR che la datrice – tramite il meccanismo delle trattenute retributive – aveva omesso di versare ai Fondi di Previdenza Complementare cui gli stessi avevano aderito, ma la loro domanda non era stata accolta. Anche la successiva opposizione contro tale provvedimento veniva respinta dal Tribunale fallimentare in forza di una pretesa mancanza in capo ai lavoratori di titolarità sostanziale del rapporto e, di conseguenza, di legittimazione processuale. Gli ex dipendenti hanno allora tempestivamente proposto ricorsi per Cassazione, che sono stati infine entrambi accolti.

Pubblichiamo la sentenza Cass. n. 19510 del 10 luglio 2023 con cui la Suprema Corte, chiamata ad affrontare la controversa questione circa la natura dei contributi destinati dal dipendente al FPC, dopo aver effettuato una approfondita ricostruzione dei rapporti Lavoratore-Datore-Fondo è pervenuta ad affermare i seguenti fondamentali princìpi di diritto: 

  1. “Premessa la distinzione dei rapporti tra lavoratore e datore di lavoro – da cui il primo trae, con una parte della propria retribuzione, le risorse per la contribuzione o il conferimento delle quote di T.F.R. maturando – e tra lavoratore e Fondo di Previdenza Complementare – di natura contrattuale per il conseguimento, da parte del lavoratore medesimo, attraverso l’investimento da parte del Fondo, di una prestazione previdenziale integrativa – il datore di lavoro assume l’obbligo, sulla base di un mandato ricevuto dal lavoratore e salvo che non risulti dallo statuto del Fondo una cessione del credito, di accantonare e versare ad esso la contribuzione o il T.F.R. maturando conferito.”
  2. Fino al compimento del versamento da parte del datore di lavoro, la contribuzione o le quote di T.F.R. maturando conferite, accantonate presso il datore di lavoro medesimo, hanno natura retributiva, mentre ha natura previdenziale la prestazione previdenziale integrativa erogata al lavoratore dal F.P.C.”
  3. “Il mancato versamento, da parte del datore di lavoro insolvente, della contribuzione o delle quote di T.F.R. maturando conferite, accantonate su mandato del lavoratore con il vincolo di destinazione del loro versamento al F.P.C., comporta, per la risoluzione per inadempimento del mandato, il ripristino della disponibilità piena in capo al lavoratore delle risorse accantonate, di natura retributiva: posto che esse assumono natura previdenziale soltanto all’attuazione del vincolo di destinazione, per effetto del suo adempimento.”

“Il fallimento del datore di lavoro, quale mandatario del lavoratore, comporta lo scioglimento del contratto di mandato, ai sensi dell’art. 78, secondo comma l. fall. e il ripristino della titolarità, spettante di regola al lavoratore, così legittimato ad insinuarsi allo stato passivo, salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del F.P.C., cui in tal caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell’art. 93 l. fall.”

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