Ordinanza del Tribunale di Vicenza n. 4034/2018 del 19/11/2018

È valido il patto di non concorrenza che preveda per il dipendente un corrispettivo di 200,00 euro al mese?

Assolutamente no: lo dice la giurisprudenza recente a cui fa riferimento una pronuncia del tribunale del lavoro di Vicenza dichiarando che è affetto da radicale nullità il patto di non concorrenza che preveda quale corrispettivo il pagamento di una somma per ogni mensilità lavorata durante il rapporto. Il patto è dunque privo di ogni effetto: di conseguenza il lavoratore è libero da ogni divieto di concorrenza con l’ex datore e dovrà solo restituire l’indennità ricevuta, senza il rischio di dover versare penali o risarcire danni

Stavolta è toccato al lavoratore di vedersi citato in giudizio dall’ex datore che con un ricorso d’urgenza pretendeva la immediata cessazione dell’attività lavorativa svolta dal dipendente in asserita violazione del patto di non concorrenza sottoscritto tra le parti e il pagamento intanto di una penale pari ad oltre 40.000,00 euro ed inoltre il risarcimento degli ulteriori danni che si riservava di quantificare nella causa di merito. Il dipendente ha resistito in giudizio chiedendo ed ottenendo l’integrale rigetto delle domande.

Il patto di non concorrenza prevedeva una durata di 3 anni dalla cessazione del rapporto per tutto il settore merceologico della grossa società datrice nell’ambito territoriale dell’intera Europa.

Il Tribunale di Vicenza ha accolto le tesi del dipendente secondo cui da un lato deve ritenersi esclusa dal patto l’attività lavorativa svolta al di fuori del territorio europeo, anche se prestata a favore di un datore di lavoro con sede legale in Europa; ma dall’altro lato, e soprattutto, il Giudice del Lavoro ha fatto propria la interpretazione per la quale “ai sensi dell’art. 2125 c.c. il patto di non concorrenza deve prevedere, a pena di nullità, la corresponsione a favore del lavoratore di un corrispettivo che, costituendo il prezzo della rinuncia al diritto al lavoro e alla libera esplicazione della professionalità costituzionalmente garantiti, deve essere – al momento della stipulazione del patto – congruo rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore medesimo e necessariamente determinato nel suo ammontare; ne consegue che viola il disposto dell’art. 2125 c.c. la previsione del pagamento di un corrispettivo mensile in costanza di rapporto di lavoro, in quanto la stessa rende ex ante indeterminabile il compenso, con conseguente alterazione della sinallagmaticità del patto, considerato che, al momento della conclusione del patto, il corrispettivo è del tutto indeterminato in quanto ancorato ad una circostanza fattuale – quale la durata del rapporto – del tutto imprevedibile.

Di conseguenza il Giudice ha stabilito che prevedere quale corrispettivo solo una voce nella retribuzione mensile si traduce nell’indeterminatezza della somma pattuita ed inoltre ha ritenuto che nel caso in parola l’importo (pari a 200 euro al mese per i 5 anni in cui il rapporto è durato) deve ritenersi incongruo rispetto al rilevante sacrificio imposto posto al lavoratore. Ha così rigettato in toto le domande della società ricorrente sulla base della possibile nullità del patto di non concorrenza stipulato tra le parti e condannando la società al rimborso delle spese legali, sia pure non integrale anche per la novità della questione decisa.

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